A inizio Ottocento anche a Guastalla – centro minore dell'Italia padana, sottoposta al dominio francese e poco dopo al Ducato di Parma e Piacenza – giunse la legislazione napoleonica che vietò di seppellire nelle chiese e all'interno dei centri urbani. In una cronaca manoscritta del 1808 si legge che il cimitero previsto dal decreto del 5 settembre 1806 «fu provvisoriamente destinato nel sagrato della chiesa di S. Giorgio, fuori Porta Po, il quale fu posto in attività l'1 settembre 1808». Nel 1811, «essendo del tutto pieno il cimitero provvisorio di S. Giorgio, fu destinato il sagrato della Chiesa del Baccanello». Esaurito tale spazio, nel 1812 si cominciò a portare i morti, fino «a tutto il 24 marzo 1816», nel sagrato della Pieve. Successivamente, a tale uso venne destinata l'area del convento dei Cappuccini, da poco abbattuto.
La costruzione dell'edificio, collocato a circa mezzo chilometro dalle antiche mura urbane, dove «erano le giare e i terreni inondati dal Po», era stata promossa, nel 1590, dal duca Ferrante II Gonzaga. Un'idea, anche se parziale (mancano sezioni e disegni del piano superiore), della struttura conventuale si può ottenere grazie alla planimetria del pian terreno e al prospetto che il fabbriciere cappuccino Pietro Maria Massari "fotografò" a metà Settecento. A fianco della chiesa, i vari spazi di servizio conventuali e di accoglienza degli ospiti; a nord, un grande orto con zone prative e altre per la coltivazione degli ortaggi: l'area era denominata "Campo Lieto". Il decreto di soppressione del convento, emanato il 25 aprile 1810, ne risparmiò unicamente una piccola parte, oltre alla chiesa annessa. Probabilmente si pensò che tale area fosse la più idonea all'adempimento della nuova legislazione cimiteriale francese, in quanto l'ex-convento dei Cappuccini era l'unica struttura conventuale di Guastalla a trovarsi fuori dalle mura urbane. Ciò significava anche che il suo terreno avrebbe potuto essere acquistato ad un prezzo modesto ed avrebbe consentito di risparmiare sull'opera di recinzione, prevista per tutti i nuovi cimiteri. L'orto e i terreni furono acquistati dal signor Gaetano Volta di Reggiolo, per poi essere nuovamente comprati dal Podestà di Guastalla, Vincenzo Gualdi, a nome del Comune. Nella vendita erano escluse la chiesa e la piccola porzione di convento rimasta; Vincenzo Gualdi le acquistò personalmente e fece iniziare i lavori di ripristino, che terminarono nell'aprile del 1816. Il 28 marzo 1816 si iniziò a seppellire nel nuovo cimitero, nella sola parte che era stata l'orto piccolo dei Cappuccini, sul lato sinistro della chiesa; dall'anno successivo, anche nel piazzale antistante. Nel 1818, siccome il signor Vincenzo Gualdi non era stato rimborsato della cifra spesa personalmente, fu proibito di utilizzare la restante parte di cimitero e quindi si tornò a seppellire, come prima del 1816, a Pieve, S. Giorgio e Baccanello. Le sepolture nella parte del cimitero detta "orto grande" iniziarono il 20 settembre 1820.




L’antica struttura conventuale fu ampliata dopo il 1840 con il nuovo porticato tuttora esistente: 86 arcate disposte sui lati nord, est e ovest del cimitero a delimitare il grande campo centrale.
All’interno di tale camposanto esisteva una precisa gerarchia tra i vari luoghi di sepoltura: i cosiddetti “spazi distinti” erano quelli che garantivano una maggiore visibilità al proprio monumento, quindi gli archi del porticato perimetrale e, all’interno del campo centrale, i viali principali o, eventualmente, quelli secondari che furono realizzati nel tempo. Nei campicelli erbosi le tombe delle persone “semplici” e, nelle “corsie preferenziali” del cimitero le tombe elaborate dei cittadini più facoltosi.
In molti casi ci sono interi archi dedicati a una stessa famiglia o ad una confraternita; altre volte la vicinanza di tombe nel campo centrale suggerisce quelli che furono i legami familiari tra i defunti ricordati. In questo senso il cimitero moderno diviene specchio della società dei vivi, ossia perfetta riproduzione dell’ordine socio-economico della comunità di riferimento.
Se nel 1847 le iscrizioni documentate all’interno del cimitero guastallese erano ancora pochissime, oggi se ne contano oltre 600 datate fino all’anno 1920. Esse costituiscono una preziosa testimonianza sulla storia sociale, religiosa ed economica del nostro territorio.
FONTI
B.M.G., Fondo Galvani 83, Cronaca di Guastalla scritta dal sig. Girolamo Cattaneo dall'anno 1806 al 1823.
B.M.G., Fondo Galvani 31, Iscrizioni lapidarie esistenti nella Città e Ducato di Guastalla raccolte nel 1827 dal sacerdote Carlo Galvani.
B.M.G., Fondo Cani 31, Memorie storiche guastallesi raccolte da Domenico Bedogna.
B.M.G., Fondo Galvani 56-60, L’Osservatore. Cronaca di Guastalla e dintorni scritta dal guastallese don Antonio Besacchi dal 1837 al 1875.
BIBLIOGRAFIA
[Bellani Giancarlo], Si riapre al culto l’antica chiesa dei Cappuccini, in “La Libertà”, maggio 1997.
Bertazzoni Elisa, Le confraternite cappate a Guastalla, Guastalla, Biblioteca Maldotti, 2005.
Da Campagnola Stanislao, I Cappuccini a Guastalla dal Cinquecento all'Ottocento, Guastalla, Biblioteca Maldotti, 1991.
Massari Pietro Maria, Le piante e prospetti dei conventi cappuccini emiliani di Pietro Maria Massari, Matera-Ferrara, La Bautta, 1990.
Setti Alice, Il mondo dei vivi e dei morti. Guastalla e il suo cimitero, Guastalla, Comune di Guastalla, 2006.
Setti Alice, Gli epitaffi otto-novecenteschi del cimitero di Guastalla, in “Ager Veleias”, 9.04 (2014).
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